Aspetti controversi del Flysch di Castelvetere

 

Nell’area a nord dei Monti Picentini, nell’Appennino campano, un’unità geologica predominante è la Formazione del Flysch di Castelvetere del Miocene superiore, cioè con un’età di circa 8 milioni di anni, come già scritto in un post precedente. Questa formazione possiede due aspetti molto distinti e contrastanti. Gran parte della formazione è costituita da rocce sedimentarie: arenarie, siltiti , argille e conglomerati sedimentate in un bacino marino profondo.









Ma la Formazione di Castelvetere ha anche un lato misterioso: essa include blocchi e brecce calcaree estranee all’ambiente di sedimentazione delle rocce di mare profondo. I geologi che hanno studiato la Formazione di Castelvetere hanno scoperto che i blocchi calcarei e le brecce che sono di un ambiente marino poco profondo, sono intercalati alle arenarie e ai conglomerati. 



Questo significa che mentre le rocce del bacino marino profondo si formavano in seguito ad accumuli successivi dovuti a frane sottomarine di sedimenti provenienti dal continente, contemporaneamente c’era un’attività tettonica nell’area che provocava il franamento nel bacino marino antistante di masse calcaree provenienti da una piattaforma carbonatica;  poi si ristabilivano le condizioni di deposizione di sedimenti di mare profondo.



Gli olistoliti si trovano per lo più alla base della successione del flysch di Castelvetere, dispersi nei sedimenti  in evidente giacitura secondaria e con dimensioni notevoli (anche superiori ai 30.000 mc).


Il tipo litologico degli olistoliti è rappresentato prevalentemente da calcari bianchi e brecce calcaree di età generalmente mesozoica. Non si esclude la presenza di elementi calcarei di età più antica o più recente, provenienti da zone limitrofe dove affiorano regolarmente gli altri termini della successione carbonatica appenninica.

La posizione di tali blocchi, che si rinvengono particolarmente dispersi nei sedimenti flyschoidi, è stata interpretata come olistoliti caduti in un bacino a sedimentazione terrigena in seguito a spinte tettoniche e testimoniano un ambiente di scarpata o base di scarpata sottomarina.

 

Informazioni circa la Formazione di Castelvetere possono essere ottenute da diverse fonti geologiche. Qui ce ne sono alcune:


Cataldo G. (2007) Ricerche geologiche nel Parco Regionale dei M. Picentini: individuazione e studio di geositi e itinerari geologici Tesi di Laurea in Scienze Geologiche, Università di Napoli Federico II, Napoli.

Cocco et al., (1974) Le unità irpine nell’area a nord di M. Marzano, Appennino meridionale. Mem. Soc. Geol. It., 13.

Critelli & Le Pera (1995) La formazione di Castelvetere nell’evoluzione petrostratigrafica dell’avanfossa del Tortoniano-Messiniano dell’Appennino meridionale. Boll. Soc. Geol. It., 114.

Di Nocera et al., (2006) Schema geologico del transetto Monti Picentini orientali-Monti della Daunia meridionali: unità stratigrafiche ed evoluzione tettonica del settore esterno dell’Appennino meridionale Boll. Soc. Geol. It., 125

D’Argenio B., Pescatore T., Scandone P. (1973) – Schema geologico dell’Appennino meridionale (Campania e Lucania). Atti Conv. Moderne vedute sulla geologia dell’Appennino. Acc. Naz. Lincei, 182.

Pescatore T., Sgrosso I., Torre M. (1970) Lineamenti di tettonica e sedimentazione nel Miocene dell’Appennino campano-lucano. Mem. Soc. natur., Napoli. 78.

Pescatore T. (1988) La sedimentazione miocenica nell’Appennino campano-lucano. Mem. Soc. Geol. It., 41: 37-46.

Santo A., Sgrosso I. (1987) Alcune precisazioni sulle <trasgressioni > mioceniche nell’Appennino centro-meridionale. Mem. Soc. Geol. It., 38,

Sgrosso I. (1998) Possibile evoluzione cinematica miocenica nell’orogene centro sud-appenninico. Boll. Soc. Geol. It., 117


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